Eccomi. Anche quest'anno fra le tante liste di libri che vi propongono ovunque, c'è anche la mia. E anche quest'anno nessun filo logico che lega un libro all'altro (perché ci dovrebbe essere?) se non la bellezza della parola scritta. Ci sono libri sull'amicizia; un racconto in cui c'è un Re, una barca e un'isola che non c'è; un libro da leggere per comprendere l’Islam; una storia sulla quotidianità di una persona che sta per lasciare la vita e la sua famiglia; e poi ancora una storia d'amore inedita, sorprendente; un libro che è un’analisi schietta, originale, scrupolosa, obiettiva e critica della situazione politica del Novecento, del PCI della sinistra occidentale, che ci permette di comprendere le dinamiche politiche, sociali e la trasformazione della città di Catanzaro, della Calabria e del Paese; la storia della scoperta del bosone di Higgs; c'è Murakami; un' indagine sociologica sul lavoro ai tempi dell'egemonia digitale; un libro pubblicato nel 1927 e ancora attuale; e infine un noir.
Andiamo per ordine.
La trama del libro è banale, quattro amici, i mondiali di calcio del 1998 e un gioco: scrivere i desideri di ognuno su dei bigliettini e riaprirli fra quattro anni, durante la prossima finale dei mondiali per vedere se i sogni si sono realizzati. Se avessi letto solo la quarta di copertina, non avrei mai acquistato il libro, per fortuna la comunità di lettori e il passaparola hanno evitato che mi perdessi il piacere di conoscere un ottimo scrittore.
Yuval, Churchill, Ofir e Amichai sono amici fin dal liceo. Quattro amici e il calcio, un’idea adolescenziale, semplice, che solo un bravo scrittore poteva trasformare in un bel libro.Nevo è riuscito a creare dei personaggi verosimili, quelli che ti sembra di incontrare per strada.
La voce narrante è di Yuval che quel giorno del 1998 ha incontrato all’università Yaara, la donna che avrebbe fatto parte della sua vita. Le altre due donne del libro sono Liana eMaria che hanno un ruolo altrettanto forte nella struttura narrativa.
La simmetria dei desideri è un libro sull’amicizia ma c’è dell’altro, i percorsi di vita, le trame consapevoli e inconsapevoli, dirette e indirette che conducono i quattro amici là, dove sempre sapevano di voler stare: il loro destino, non prima, però, che le dinamiche intrinseche ed estrinseche li trascinino lontano dall’obiettivo, perché, così come accade ad ognuno di noi, ciò che decidono finisce con l’oscurare ciò che veramente vogliono - quante volte ci impegniamo a realizzare caparbiamente ciò che abbiamo manifestato senza renderci conto che non ha più alcun valore? - ; finché volontariamente o involontariamente non cambiano rotta.
Editore: Neri Pozza
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 384
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 384
Il racconto dell’isola sconosciuta ha un solo difetto, è troppo breve. Avrei voluto leggere ancora e ancora, e abbandonare lo sguardo fra le parole che Saramago, come al solito, utilizza con grande maestria.
Nel racconto un uomo chiede al Re di avere una barca per andare alla scoperta di un’isola che non c’è, infatti “Tutte le isole, anche quelle conosciute, sono sconosciute finché non vi si sbarca.”
Il dubbio e la voglia di conoscere, di sapere chi sei - e solo allontanandoci da noi possiamo vederci e conoscerci veramente -, il possesso ma solo come piacere, e il destino che, mentre siamo lì ancora a mormorare, è già dietro di noi, ha già allungato la mano per toccarci, sono alcune riflessioni che Saramago ci dona nel racconto.
Siamo tutti in viaggio verso un’isola sconosciuta, consapevolmente o meno. Avrà trovato la sua, il protagonista del racconto? Una breve storia, solo 43 pagine, ma Saramago riesce comunque ad incantarci come solo un grande narratore sa fare.
Editore: Feltrinelli
Collana: I Narratori
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 384
È un libro importante e necessario, ho pensato mentre lo leggevo.
Dopo gli attentati alle torri gemelle, e dopo l’Isis, leggere e comprendere l’Islam è un imperativo categorico per evitare di farsi trascinare in conclusioni strumentali che provengono sia da una parte che dall’altra.
Leggere Lolita a Teheran non è un saggio, è il racconto di un periodo di vita della protagonista, Azar Nafisi, scrittrice iraniana che dal 1997 risiede negli Stati Uniti. Laureata in Letteratura inglese e americana all’Università dell’Oklahoma, torna nel suo paese e vi insegna letteratura per quasi diciott’anni. Nel 1995 si trova impossibilitata nel continuare le sue lezioni universitarie senza attirare dissensi da parte delle autorità, a causa della sua educazione occidentale e, per questo motivo, deve abbandonare l’insegnamento: siamo nell’Iran che ha conosciuto la rivoluzione islamica e la presa di potere dell’AyatollahKhomeini.
Una volta allontanatasi dall’Università Tabatabai decide di organizzare un ciclo di lezioni segrete, da tenere nel suo appartamento, per le sue sette migliori allieve. Le otto donne cominciano a incontrarsi in segretezza ogni giovedì mattina e Lolita, Il grande Gatsby, James, Austen, sono gli autori o le opere che discutono. La letteratura, quindi, diviene evasione dalla realtà e spunto di discussione della realtà.
La religione era diventato uno strumento di potere, il regime aveva usurpato le vite di tutti gli iraniani, aveva confiscato i loro momenti più intimi e i loro desideri. Il regime aveva annullato l’individualità e la capacità immaginativa di ognuno, sostituendola con quella della dittatura. La capacità di rappresentare un altro mondo al di fuori di qualsiasi controllo spaventa tutti i regimi totalitari.
Il libro è un omaggio alle donne che in quegli anni hanno resistito, un omaggio alla letteratura e alla sua capacità di creare mondi e di alimentare la libertà di pensiero e dunque d’azione. “Ormai mi sono convinta che la vera democrazia non può esistere senza la libertà di immaginazione” scrive Nafisi alla fine del libro.
Editore: Adelphi
Collana:Gli Adelphi
Anno di pubblicazione: 3 ediz. 2007
Pagine: 379
Un uomo, vittima di un male incurabile, ha poco mesi da vivere. Ha una moglie e due figli. Frank, il figlio maschio, fuggito di casa, non ha più dato notizie di sé. La figlia, Lorraine, è tornata a casa dei suoi per dare una mano alla mamma ad assistere amorevolmente il padre, ha perso la sua di figlia in un tragico incidente.
Bendizione fa parte della trilogia della pianura. Kent Haruf è scomparso nel 2014, da noi finora lo scrittore americano è stato totalmente sconosciuto.
La scrittura di Haruf è sobria, senza fronzoli, racconta la quotidianità di una persona che sta per lasciare la vita, e della sua famiglia. Intorno altri personaggi di una piccola cittadina del Colorado: nella casa accanto una ragazzina orfana viene a vivere dalla nonna; il reverendo Lyle della chiesa locale, che porta con sé un segreto, con i suoi sermoni poco ortodossi non riesce nell'intento di svegliare le coscienze di una comunità conforme, piuttosto li irrita al punto che sarà costretto ad abbandonare la chiesa; le vicine di casa della famiglia Lewis.
Il libro mi ha lasciato la stessa sensazione che ebbi nel leggere Il commesso di Malamud. Kent Haruf ha la stessa straordinaria capacità di Malamud: costruisce i personaggi dei suoi libri con cura da cesellatore, quando distogli lo sguardo dal libro sembra di vederli nella vita di tutti giorni.
“Ero semplicemente scioccato da ciò che Faulkner e Hemingway riuscivano a fare sulla pagina – era come se le parole si sollevassero, come se emanassero una specie di aura iridescente, come se le storie fossero sante, sacre, le cose più importanti al mondo – e non ho mai superato questa sensazione, non voglio superarla.” disse nel 2014 Kent Haruf, raccontando il percorso personale e professionale che lo ha portato a diventare uno scrittore.
Editore: NN Editore
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine:277
Non potete non leggere, se non lo avete già fatto, Notturno cileno, l'ultimo grande romanzo di Roberto Bolaño che in Spagna venne pubblicato nel 2000 quando era ancora vivo (è morto nel 2003), e ripubblicato da Adelphi quest’anno e tradotto da Ilide Carmignani.
Un prete cileno, Sebastián Urrutia Lacroix, in una notte di agonia e delirio ripercorre la sua vita. Poeta, critico letterario e appartenente all’Opus Dei, ha dovuto accettare gli incarichi più strani, come dare lezioni di marxismo a Pinochet e ai membri della sua giunta, come prender parte a serate letterarie in una villa alla periferia di Santiago, dove venivano torturati gli oppositori politici al regime.
Una storia di poco più di cento pagine, senza capitoli né paragrafi, un domino di parole, un flusso di coscienza.
Apri il libro, leggi l’incipit: “ Ora muoio, ma ho ancora molte cose da dire. Ero in pace con me stesso. Muto e in pace. Ma all’improvviso le cose sono emerse. La colpa è di quel giovane invecchiato. Io ero in pace. Ora non sono più in pace. Bisogna chiarire certi punti.”, e ne sei catturato. Che dire della chiusura, poi, straordinaria, ma questa non la riporto.
Urrutia Lacroix legge i classici mentre la società cilena si tuffa in un bagno di sangue, è aristocratico, disprezza la gente comune “in realtà, tutti erano brutti. Le contadine erano brutte e le loro parole incoerenti. Il contadino fermo era brutto e la sua immobilità incoerente. I contadini che si allontanavano erano brutti e il loro camminare a zigzag incoerente. Che Dio mi perdoni e li perdoni. Anime smarrite nel deserto”, è un reazionario, conservatore, per lui il cambiamento rappresenta decadenza, perdita dell'età d'oro dei grandi eroi, come vengono idealizzati nella famosa storia della ‘Collina degli Eroi’, raccontata da Farawell, un importante critico letterario.
Nel racconto vengono citati personaggi storici: Ernst Junger, scrittore e filosofo, critico della modernità, e poi Neruda, Sordello e Leopardi: scrittori e poeti, protagonisti sconfitti, votati a una rivoluzione impossibile o condannati alla complicità, che è quello che secondo la mia interpretazione ci ha voluto raccontare con Notturno cileno, Bolaño
Editore: Adelphi
Collana: Fabula
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine:123
L’amore è stato raccontato in tanti modi, ha riempito pagine e pagine di libri, i grandi scrittori hanno scritto pagine memorabili, il solo pensiero di cimentarsi sfiora l’impresa o la presunzione. Bourdeaut ha compiuto un’impresa, ha scritto una storia d’amore inedita, sorprendente, ed è riuscito con la sua prosa a toccare ogni corda dei sentimenti.
Un uomo è innamorato di sua moglie, al punto che asseconda la sua pazzia e per tutta la vita, racconta a sé e a suo figlio una bella storia, per sfuggire dalla realtà banale e triste, per sfuggire dalla gabbia che la società e gli uomini superficiali costruiscono intorno alle vicende umane. Non può essere ricondotta, la vita di un individuo, solo sotto i lumi della razionalità, a una classificazione, a una categoria; l’uomo è più complesso di una legge, di una regola.
A seguito dell’incendio della casa, i medici certificano con un nome la malattia, schizofrenia bipolare e rinchiudono Renée, o la nuova Joséphine, o la nuova Marylou - alcuni dei nomi con cui il marito ha l’abitudine di chiamare la moglie -, in una clinica psichiatrica ma l’uomo non si rassegna, innamorato della donna, che se avesse voluto avrebbe potuto dare del tu alle stelle, pianifica il rapimento per riportarla alla “normalità” familiare: momenti buoni e cattivi, balli, risate, bugie, pianti, viaggi, un senatore come amico, cocktail, crisi di nervi, un grosso uccello e un libro, questo, trascritto in diversi quaderni e ritrovato dal figlio che rileggendolo aveva avuto l’occasione di rivivere tutto una seconda volta.
Un altro gran bel libro pubblicato da Neri Pozza, casa editrice che ho scoperto lo scorso anno leggendo Il genio dell’abbandono di Wanda Marasco, che ha partecipato al Premio Strega, e che ormai non ho più dubbi pubblica libri meravigliosi. Un libro malinconico, allegro e struggente, surreale, da leggere ascoltando Mr Bonjangles di Nina Simone.
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine:144
Una sera di luglio del 1961, Carlo Scalfaro salii su un treno, aveva quindici anni. Il treno era diretto a Torino dove si sarebbe svolta la manifestazione nazionale della federazione giovanile comunista e la mostra “Italia 61” organizzata per la celebrazione dei primi cento anni dell’Unità d’Italia. Questo libro è il racconto del percorso personale, politico di quel ragazzo, di quella generazione a partire da quella sera del 1961. Un racconto di parte, di un comunista che ancora in larga misura analizza la realtà attraverso il metodo marxista, senza ritenersi sconfitto ma sapendo che la battaglia per un mondo nuovo è stata irrimediabilmente perduta. Carlo Scalfaro è stato un dirigente del Partito comunista catanzarese e poi un dirigente sindacale della Cgil. Attraverso i suoi ricordi questo libro restituisce a chi c’era la memoria di quegli anni, a chi non c’era fornisce elementi di conoscenza su un periodo molto vivace della storia calabrese e italiana, dall’omicidio di Gigino Silipo al Sessantotto.
Nel libro c’è una riflessione sul Sessantotto, “ la lotta all’autoritarismo e al classismo nelle scuole e nelle università si trasformò immediatamente nell’obiettivo della scuola “facile”dove si può fare tutto fuorché studiare davvero.”, e tante pagine sono dedicate alla “Questione meridionale” ai tanti errori ideali che invece di portare a soluzione hanno confermato ed allargato il divario con il Nord del paese, “Il tecnicismo mostrava la sua incapacità a cambiare nel profondo la realtà meridionale. Però ne modificava il volto, gli usi, i costumi, dando la stura a quel modernismo senza modernità che è stata la piaga aggiuntiva della condizione del Mezzogiorno.” E infine, naturalmente, una larga riflessione sul partito comunista, e sull’organizzazione partito in sé che agli occhi di chi è nato dopo gli anni ottanta potrebbe essere utile per farsi un’idea dell’importanza di un’organizzazione solida, capillare invece di un partito liquido che si regge sulla figura del leader, dell’uomo solo al comando. Quello che sono i partiti oggi o quello che ne rimane sono il risultato di un processo che viene da lontano che Scalfaro individua a partire dagli anni Settanta, in quegli anni c’erano già i “…prodromi eclatanti di una mutazione genetica del partito che annullava i caratteri fondamentali del costume comunista e conduceva sempre più i gruppi dirigenti ad occupare posti in prima fila nel “teatrino della politica” con le conseguenti lotte interne, personali e di gruppi, per posizioni di potere nel partito e quindi nelle istituzioni.”
Un libro per tutti, per chi era comunista e non lo è più, per chi lo è ancora e per chi non lo è mai stato. Un libro di parte ma non partigiano. L’analisi schietta, originale, scrupolosa, obiettiva e critica della situazione politica del Novecento, del PCI della sinistra occidentale, ci permette di comprendere le dinamiche politiche, sociali e la trasformazione della città di Catanzaro, della Calabria e del Paese. Trasformazioni che alcune volte sono trasformismi “ …famiglie della cosiddetta “Catanzaro bene”, già volgarmente ed utilitaristicamente al servizio del regime fascista, collocate in egual modo e con gli stessi privilegi nelle pieghe del potere democristiano.” E poi i vizi che nonostante gli anni non sono mai cambiati, il servilismo verso i potenti, e il servirsi del partito e del potere da parte dei notabili della città; il campanilismo uno dei mali endemici della Calabria. Un libro da leggere per comprendere l’origine di alcune problematicità o il perdurare di altre.
Editore: Città del Sole Edizioni
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 264
Guido Tonelli è un fisico, uno dei principali protagonisti, insieme a Fabiola Gianotti, della scoperta del bosone di Higgs previsto da quasi 50 anni, la cui esistenza garantisce un balzo in avanti nella comprensione della fisica delle particelle, e che giornalisticamente è stata definito la particella di Dio. “Il minuscolo difetto, la sottile imperfezione da cui è nato tutto. Un’anomalia che dà origine a un universo materiale che può evolvere per miliardi di anni.”
È sorprendente scoprire che l’essere, in tutte le sue forme, è il frutto di un’imperfezione, un’anomalia. Parola dopo parola il libro stravolge le convinzioni radicate; non è la ricerca della perfezione, l’optimum, non può essere, perché siamo ontologicamente imperfetti. Siamo esseri che osservano la realtà e credono sia la verità ma ciò che osserviamo non esiste, almeno non nella forma in cui ci appare: quando volgiamo lo sguardo al cielo, la luce delle stelle che osserviamo è quella dell’astro nel preciso momento in cui ha emesso quella luce, magari migliaia di anni fa oppure nel frattempo quella stella si è spostata di chilometri o è addirittura morta.
Leggere il libro mi ha riportato a uno stato di curiosità infantile, quella dei “perché”, aperto alla gioia della scoperta e della meraviglia che l’universo, la natura ci dona.
Un libro importante che ci avvicina all’essere nella sua forma essenziale, per quello che può al momento lo stato della conoscenza della filosofia attuale, fisica teorica, e verificata dalla fisica sperimentale e dalle tecnologie.
Trecentotrentatré pagine di meraviglia.
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 333
Questa mattina come è iniziata la giornata, avrei voluto che finisse all’istante, poi penso a un libro - mi rifugio sempre dentro le storie di un libro quando le cose non vanno -, ma quale?
Il libro migliore in questi momenti non può essere altro che di Murakami anzi è necessaria la sua scrittura; il giapponese ha la capacità come pochi di alienarti dalla realtà, trasportarti in altri mondi, mondi che si intrecciano. La strana biblioteca, un piccolo racconto del 2005, pubblicato da Einaudi lo scorso anno, ha queste caratteristiche: un bimbo entra in una biblioteca alla ricerca di un libro che gli faccia conoscere come venivano raccolte le tasse nell’Impero Ottomanno, segue un vecchio che dovrebbe portarlo nella sala lettura, perché il libro non può essere dato in prestito ma letto sul posto, percorrono un lungo corridoio e tante biforcazioni, la biblioteca diventa un labirinto e al termine del viaggio, il bambino, incontra l’Uomo-pecora. Il bimbo finisce in una trappola, l’Uomo–pecora è un sottoposto del vecchio, dovrà leggere i tre libri sull’Impero Ottomanno e impararli a memoria dall’inizio alla fine e solo fra un mese, il vecchio, verrà a fargli un esame. Se li avrai memorizzati bene, lo lascerà uscire. Uscire da dove? Da un non luogo, dove lo spazio e il tempo sono distorti, dove il bimbo vive un suo mondo, che leggendo si intreccia con quello di Ibn Armut Hasir un collettore di tasse di Istanbul - il protagonista di uno dei libro che ha iniziato a leggere -, anzi diventa lui, Ibn Armut Hasir.
La lettura cambia, trasforma il lettore, attraverso le parole la coscienza muta, si distorce, la vita dei personaggi si intreccia a quella del lettore che ne fa esperienza e si trasforma. La strana biblioteca è la storia di un cambiamento attraverso l’esperienza della lettura.
Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 88
Questo libro ci restituisce le narrazioni d’esperienza di chi ha partecipato a un cantiere socianalitico che si è interessato alle modalità con cui l’impero virtuale cerca di costruire una capacità egemonica sul mondo del lavoro.
I lavoratori di diversi settori, sanitario, istruzione, giuridico, servizi, trasporti ecc.. hanno raccontato la loro esperienza di lavoro; il radicale cambiamento del lavoro ma più profondamente il proprio rapporto con gli strumenti digitali che mediano l’attività lavorativa.
Il libro ci invita a riflettere su questo processo in atto da tempo, l’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro e il disorientamento dei lavoratori. “Io sono l’Automa”, così si è presentato a una visita medica obbligatoria, un lavoratore Acea di Roma. “ In che senso, scusi?” gli ha chiesto la dottoressa. E lui, con un tono angosciato: ”Nel senso che ormai non sono più una persona, il tablet personale mi comanda come un robot; nel senso che mi sento un automa, gli presto le mani è vero, ma per il resto quasi non decido più nulla; nel senso che questi ci pilotano…
Siamo immersi in un cambiamento sociale, e i più non ne sono consapevoli. “Nel Grande imprigionamento digitale – a differenza dei totalitarismi che hanno afflitto il secolo passato – sono i nostri “dati” e i nostri “profili” che vengono rastrellati, deportati e internati mentre i nostri corpi vengono lasciati “liberi” di imbrigliarsi ulteriormente nella Rete affinché possano contribuire incessantemente a produrre gratuitamente ulteriori aggiornamenti.”
Il libro si conclude indicandoci quattro pericolose tendenze digitali: l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo smarrimento dei limiti.
Editore: Sensibili alle foglie
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 144
Luciano Foà nel 1962 fu uno dei fondatori della Adelphi. Amava pochi scrittori senza riserve. Primi fra tutti, Stendhal e Kafka. E in Roth riconosceva la massima approssimazione a Stendhal che il Novecento aveva raggiunto. Fuga senza fine fu pubblicato nel 1927 in tedesco, per le edizioni Kurt Wolff a Monaco di Baviera.
Fuga senza fine è la storia di Franz Tunda tenente dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico nella grande guerra, fatto prigioniero dai russi nell'agosto del 1916, riesce a fuggire e si rifugia in un solitario, triste casolare in Siberia, ai margini di una foresta, fino al 1919. Quando scopre che la guerra è finita, parte, attraversa la Siberia, arriva in Ucraina, nei pressi di Kiev, viene preso dapprima come spia bolscevica, diventa poi rivoluzionario, crede di innamorarsi, finisce sul Mar Nero a Baku, fino a ritornare nell'impero che non c'è più, in una città sul Reno, poi a Berlino e infine a Parigi.
Mai come in questo romanzo nel protagonista si nasconde il suo autore. Tunda è un nomade. Aveva vissuto l’esperienza della Grande Guerra, della rivoluzione russa, della crisi dell'impero asburgico e dell'antica cultura europea. Nell’ interessante dialogo con il fratello, direttore d'orchestra di successo, Tunda mostra i mille buchi che sostituiscono nella vita quotidiana una cultura borghese ammuffita: i Buddha, i cuscini, i larghi e profondi divani, i tappeti orientali, le danze negre...
Fuga senza fine è uno dei racconti più conosciuti di Joseph Roth. Il 1919 è l'anno della formazione della Repubblica di Weimar. Tunda, l'ex militare, impoverito, orfano dell'identità dissolta del mondo Austro Ungarico, “Siamo stranieri in questo mondo, veniamo dal regno delle ombre.”, è il portatore di tutto lo straniamento e la frustrazione della guerra passata e del miserabile presente e della disfatta della vecchia amata Europa.
Vive la perdita inesorabile del nome, del credito, del rango, del titolo, dei soldi e della professione; una spoliazione del suo essere, della sua identità ma non si abbatte. «Io so soltanto che non è stata, come si dice, la ‘inquietudine’ a spingermi, ma al contrario – una assoluta quiete. Non ho nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi spinge, e non temo di andare a fondo».
Editore: Adelphi
Collana: gli Adelphi
Anno di pubblicazione: 1995
Pagine: 151
L’ambizione di ogni lettore è leggere quanti più libri possibile, ma per quanto si riesca ad entrare nell'esclusivo club dei lettori forti, ci sono sempre tanti e tanti libri che ingrossano la lista dei desideri. Jonathan Coe faceva parte, fino a qualche giorno fa, di questa lista, ora che ho finito di leggere Numero undici, mi sto chiedendo come è stato possibile lasciarlo marcire per così tanto tempo in quella lista.
Numero undici è composto da cinque storie, in ognuna compaiono due ragazze, il numero undici e dei ragni. Il romanzo si apre con Rachel e Alison, due ragazze di otto anni, compagne di scuola, che trascorrono qualche giorno dai nonni di Rachel nello Yorkshire. È il 2003, Rachel fa per la prima volta conoscenza della morte. Ascolta per caso dalla radio del nonno che David Kelly, scienziato e ispettore ONU, è stato rinvenuto cadavere adHarrowdown Hill, una foresta nell'Oxfordshire. Qualche giorno prima, Kelly, durante un’intervista riteneva infondato il dossier presentato dal governo Blair circa la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq.
Un romanzo attuale, politico, fantastico. I personaggi sono lo strumento che Coe utilizza per descrivere la contemporaneità che lo disturba. Rachel, cresciuta e laureata, accetta di impartire lezioni private alle gemelle di una famiglia di super ricchi in cambio di un ottimo salario e vitto e alloggio in un palazzo principesco nella Londra più chic. Alison, la sua amica, nera, disabile ed omosessuale diventa il bersaglio di una giornalista conservatrice, e sua madre, Val, ex cantante di successo che decide di partecipare ad un reality show, l’ Isola dei famosi, per pagarsi i debiti, diventa suo malgrado parte di una narrazione già decisa dalla produzione. Coe ci racconta l’instabilità, la mercificazione, la manipolazione della realtà, il racconto del reale vs il reale, l’insoddisfazione per i propri leader politici, il tradimento di una giustizia socialepromessa: un horror sociale. Un romanzo sulla rabbia “sepolta sotto strati di abitudini e di comfort molti difficile da scalfire.”
Editore: Feltrinelli
Collana: i narratori
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 381
Il racconto dell’isola sconosciuta ha un solo difetto, è troppo breve. Avrei voluto leggere ancora e ancora, e abbandonare lo sguardo fra le parole che Saramago, come al solito, utilizza con grande maestria.
Nel racconto un uomo chiede al Re di avere una barca per andare alla scoperta di un’isola che non c’è, infatti “Tutte le isole, anche quelle conosciute, sono sconosciute finché non vi si sbarca.”
Il dubbio e la voglia di conoscere, di sapere chi sei - e solo allontanandoci da noi possiamo vederci e conoscerci veramente -, il possesso ma solo come piacere, e il destino che, mentre siamo lì ancora a mormorare, è già dietro di noi, ha già allungato la mano per toccarci, sono alcune riflessioni che Saramago ci dona nel racconto.
Siamo tutti in viaggio verso un’isola sconosciuta, consapevolmente o meno. Avrà trovato la sua, il protagonista del racconto? Una breve storia, solo 43 pagine, ma Saramago riesce comunque ad incantarci come solo un grande narratore sa fare.
Nel racconto un uomo chiede al Re di avere una barca per andare alla scoperta di un’isola che non c’è, infatti “Tutte le isole, anche quelle conosciute, sono sconosciute finché non vi si sbarca.”
Il dubbio e la voglia di conoscere, di sapere chi sei - e solo allontanandoci da noi possiamo vederci e conoscerci veramente -, il possesso ma solo come piacere, e il destino che, mentre siamo lì ancora a mormorare, è già dietro di noi, ha già allungato la mano per toccarci, sono alcune riflessioni che Saramago ci dona nel racconto.
Siamo tutti in viaggio verso un’isola sconosciuta, consapevolmente o meno. Avrà trovato la sua, il protagonista del racconto? Una breve storia, solo 43 pagine, ma Saramago riesce comunque ad incantarci come solo un grande narratore sa fare.
Editore: Feltrinelli
Collana: I Narratori
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 384
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 384
È un libro importante e necessario, ho pensato mentre lo leggevo.
Dopo gli attentati alle torri gemelle, e dopo l’Isis, leggere e comprendere l’Islam è un imperativo categorico per evitare di farsi trascinare in conclusioni strumentali che provengono sia da una parte che dall’altra.
Leggere Lolita a Teheran non è un saggio, è il racconto di un periodo di vita della protagonista, Azar Nafisi, scrittrice iraniana che dal 1997 risiede negli Stati Uniti. Laureata in Letteratura inglese e americana all’Università dell’Oklahoma, torna nel suo paese e vi insegna letteratura per quasi diciott’anni. Nel 1995 si trova impossibilitata nel continuare le sue lezioni universitarie senza attirare dissensi da parte delle autorità, a causa della sua educazione occidentale e, per questo motivo, deve abbandonare l’insegnamento: siamo nell’Iran che ha conosciuto la rivoluzione islamica e la presa di potere dell’AyatollahKhomeini.
Una volta allontanatasi dall’Università Tabatabai decide di organizzare un ciclo di lezioni segrete, da tenere nel suo appartamento, per le sue sette migliori allieve. Le otto donne cominciano a incontrarsi in segretezza ogni giovedì mattina e Lolita, Il grande Gatsby, James, Austen, sono gli autori o le opere che discutono. La letteratura, quindi, diviene evasione dalla realtà e spunto di discussione della realtà.
La religione era diventato uno strumento di potere, il regime aveva usurpato le vite di tutti gli iraniani, aveva confiscato i loro momenti più intimi e i loro desideri. Il regime aveva annullato l’individualità e la capacità immaginativa di ognuno, sostituendola con quella della dittatura. La capacità di rappresentare un altro mondo al di fuori di qualsiasi controllo spaventa tutti i regimi totalitari.
Il libro è un omaggio alle donne che in quegli anni hanno resistito, un omaggio alla letteratura e alla sua capacità di creare mondi e di alimentare la libertà di pensiero e dunque d’azione. “Ormai mi sono convinta che la vera democrazia non può esistere senza la libertà di immaginazione” scrive Nafisi alla fine del libro.
Editore: Adelphi
Collana:Gli Adelphi
Anno di pubblicazione: 3 ediz. 2007
Pagine: 379
Anno di pubblicazione: 3 ediz. 2007
Pagine: 379
Un uomo, vittima di un male incurabile, ha poco mesi da vivere. Ha una moglie e due figli. Frank, il figlio maschio, fuggito di casa, non ha più dato notizie di sé. La figlia, Lorraine, è tornata a casa dei suoi per dare una mano alla mamma ad assistere amorevolmente il padre, ha perso la sua di figlia in un tragico incidente.
Bendizione fa parte della trilogia della pianura. Kent Haruf è scomparso nel 2014, da noi finora lo scrittore americano è stato totalmente sconosciuto.
La scrittura di Haruf è sobria, senza fronzoli, racconta la quotidianità di una persona che sta per lasciare la vita, e della sua famiglia. Intorno altri personaggi di una piccola cittadina del Colorado: nella casa accanto una ragazzina orfana viene a vivere dalla nonna; il reverendo Lyle della chiesa locale, che porta con sé un segreto, con i suoi sermoni poco ortodossi non riesce nell'intento di svegliare le coscienze di una comunità conforme, piuttosto li irrita al punto che sarà costretto ad abbandonare la chiesa; le vicine di casa della famiglia Lewis.
Il libro mi ha lasciato la stessa sensazione che ebbi nel leggere Il commesso di Malamud. Kent Haruf ha la stessa straordinaria capacità di Malamud: costruisce i personaggi dei suoi libri con cura da cesellatore, quando distogli lo sguardo dal libro sembra di vederli nella vita di tutti giorni.
“Ero semplicemente scioccato da ciò che Faulkner e Hemingway riuscivano a fare sulla pagina – era come se le parole si sollevassero, come se emanassero una specie di aura iridescente, come se le storie fossero sante, sacre, le cose più importanti al mondo – e non ho mai superato questa sensazione, non voglio superarla.” disse nel 2014 Kent Haruf, raccontando il percorso personale e professionale che lo ha portato a diventare uno scrittore.
Editore: NN Editore
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine:277
Pagine:277
Non potete non leggere, se non lo avete già fatto, Notturno cileno, l'ultimo grande romanzo di Roberto Bolaño che in Spagna venne pubblicato nel 2000 quando era ancora vivo (è morto nel 2003), e ripubblicato da Adelphi quest’anno e tradotto da Ilide Carmignani.
Un prete cileno, Sebastián Urrutia Lacroix, in una notte di agonia e delirio ripercorre la sua vita. Poeta, critico letterario e appartenente all’Opus Dei, ha dovuto accettare gli incarichi più strani, come dare lezioni di marxismo a Pinochet e ai membri della sua giunta, come prender parte a serate letterarie in una villa alla periferia di Santiago, dove venivano torturati gli oppositori politici al regime.
Una storia di poco più di cento pagine, senza capitoli né paragrafi, un domino di parole, un flusso di coscienza.
Apri il libro, leggi l’incipit: “ Ora muoio, ma ho ancora molte cose da dire. Ero in pace con me stesso. Muto e in pace. Ma all’improvviso le cose sono emerse. La colpa è di quel giovane invecchiato. Io ero in pace. Ora non sono più in pace. Bisogna chiarire certi punti.”, e ne sei catturato. Che dire della chiusura, poi, straordinaria, ma questa non la riporto.
Urrutia Lacroix legge i classici mentre la società cilena si tuffa in un bagno di sangue, è aristocratico, disprezza la gente comune “in realtà, tutti erano brutti. Le contadine erano brutte e le loro parole incoerenti. Il contadino fermo era brutto e la sua immobilità incoerente. I contadini che si allontanavano erano brutti e il loro camminare a zigzag incoerente. Che Dio mi perdoni e li perdoni. Anime smarrite nel deserto”, è un reazionario, conservatore, per lui il cambiamento rappresenta decadenza, perdita dell'età d'oro dei grandi eroi, come vengono idealizzati nella famosa storia della ‘Collina degli Eroi’, raccontata da Farawell, un importante critico letterario.
Nel racconto vengono citati personaggi storici: Ernst Junger, scrittore e filosofo, critico della modernità, e poi Neruda, Sordello e Leopardi: scrittori e poeti, protagonisti sconfitti, votati a una rivoluzione impossibile o condannati alla complicità, che è quello che secondo la mia interpretazione ci ha voluto raccontare con Notturno cileno, Bolaño
Editore: Adelphi
Collana: Fabula
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine:123
L’amore è stato raccontato in tanti modi, ha riempito pagine e pagine di libri, i grandi scrittori hanno scritto pagine memorabili, il solo pensiero di cimentarsi sfiora l’impresa o la presunzione. Bourdeaut ha compiuto un’impresa, ha scritto una storia d’amore inedita, sorprendente, ed è riuscito con la sua prosa a toccare ogni corda dei sentimenti.
Un uomo è innamorato di sua moglie, al punto che asseconda la sua pazzia e per tutta la vita, racconta a sé e a suo figlio una bella storia, per sfuggire dalla realtà banale e triste, per sfuggire dalla gabbia che la società e gli uomini superficiali costruiscono intorno alle vicende umane. Non può essere ricondotta, la vita di un individuo, solo sotto i lumi della razionalità, a una classificazione, a una categoria; l’uomo è più complesso di una legge, di una regola.
A seguito dell’incendio della casa, i medici certificano con un nome la malattia, schizofrenia bipolare e rinchiudono Renée, o la nuova Joséphine, o la nuova Marylou - alcuni dei nomi con cui il marito ha l’abitudine di chiamare la moglie -, in una clinica psichiatrica ma l’uomo non si rassegna, innamorato della donna, che se avesse voluto avrebbe potuto dare del tu alle stelle, pianifica il rapimento per riportarla alla “normalità” familiare: momenti buoni e cattivi, balli, risate, bugie, pianti, viaggi, un senatore come amico, cocktail, crisi di nervi, un grosso uccello e un libro, questo, trascritto in diversi quaderni e ritrovato dal figlio che rileggendolo aveva avuto l’occasione di rivivere tutto una seconda volta.
Un altro gran bel libro pubblicato da Neri Pozza, casa editrice che ho scoperto lo scorso anno leggendo Il genio dell’abbandono di Wanda Marasco, che ha partecipato al Premio Strega, e che ormai non ho più dubbi pubblica libri meravigliosi. Un libro malinconico, allegro e struggente, surreale, da leggere ascoltando Mr Bonjangles di Nina Simone.
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine:144
Una sera di luglio del 1961, Carlo Scalfaro salii su un treno, aveva quindici anni. Il treno era diretto a Torino dove si sarebbe svolta la manifestazione nazionale della federazione giovanile comunista e la mostra “Italia 61” organizzata per la celebrazione dei primi cento anni dell’Unità d’Italia. Questo libro è il racconto del percorso personale, politico di quel ragazzo, di quella generazione a partire da quella sera del 1961. Un racconto di parte, di un comunista che ancora in larga misura analizza la realtà attraverso il metodo marxista, senza ritenersi sconfitto ma sapendo che la battaglia per un mondo nuovo è stata irrimediabilmente perduta. Carlo Scalfaro è stato un dirigente del Partito comunista catanzarese e poi un dirigente sindacale della Cgil. Attraverso i suoi ricordi questo libro restituisce a chi c’era la memoria di quegli anni, a chi non c’era fornisce elementi di conoscenza su un periodo molto vivace della storia calabrese e italiana, dall’omicidio di Gigino Silipo al Sessantotto.
Nel libro c’è una riflessione sul Sessantotto, “ la lotta all’autoritarismo e al classismo nelle scuole e nelle università si trasformò immediatamente nell’obiettivo della scuola “facile”dove si può fare tutto fuorché studiare davvero.”, e tante pagine sono dedicate alla “Questione meridionale” ai tanti errori ideali che invece di portare a soluzione hanno confermato ed allargato il divario con il Nord del paese, “Il tecnicismo mostrava la sua incapacità a cambiare nel profondo la realtà meridionale. Però ne modificava il volto, gli usi, i costumi, dando la stura a quel modernismo senza modernità che è stata la piaga aggiuntiva della condizione del Mezzogiorno.” E infine, naturalmente, una larga riflessione sul partito comunista, e sull’organizzazione partito in sé che agli occhi di chi è nato dopo gli anni ottanta potrebbe essere utile per farsi un’idea dell’importanza di un’organizzazione solida, capillare invece di un partito liquido che si regge sulla figura del leader, dell’uomo solo al comando. Quello che sono i partiti oggi o quello che ne rimane sono il risultato di un processo che viene da lontano che Scalfaro individua a partire dagli anni Settanta, in quegli anni c’erano già i “…prodromi eclatanti di una mutazione genetica del partito che annullava i caratteri fondamentali del costume comunista e conduceva sempre più i gruppi dirigenti ad occupare posti in prima fila nel “teatrino della politica” con le conseguenti lotte interne, personali e di gruppi, per posizioni di potere nel partito e quindi nelle istituzioni.”
Un libro per tutti, per chi era comunista e non lo è più, per chi lo è ancora e per chi non lo è mai stato. Un libro di parte ma non partigiano. L’analisi schietta, originale, scrupolosa, obiettiva e critica della situazione politica del Novecento, del PCI della sinistra occidentale, ci permette di comprendere le dinamiche politiche, sociali e la trasformazione della città di Catanzaro, della Calabria e del Paese. Trasformazioni che alcune volte sono trasformismi “ …famiglie della cosiddetta “Catanzaro bene”, già volgarmente ed utilitaristicamente al servizio del regime fascista, collocate in egual modo e con gli stessi privilegi nelle pieghe del potere democristiano.” E poi i vizi che nonostante gli anni non sono mai cambiati, il servilismo verso i potenti, e il servirsi del partito e del potere da parte dei notabili della città; il campanilismo uno dei mali endemici della Calabria. Un libro da leggere per comprendere l’origine di alcune problematicità o il perdurare di altre.
Editore: Città del Sole Edizioni
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 264
Guido Tonelli è un fisico, uno dei principali protagonisti, insieme a Fabiola Gianotti, della scoperta del bosone di Higgs previsto da quasi 50 anni, la cui esistenza garantisce un balzo in avanti nella comprensione della fisica delle particelle, e che giornalisticamente è stata definito la particella di Dio. “Il minuscolo difetto, la sottile imperfezione da cui è nato tutto. Un’anomalia che dà origine a un universo materiale che può evolvere per miliardi di anni.”
È sorprendente scoprire che l’essere, in tutte le sue forme, è il frutto di un’imperfezione, un’anomalia. Parola dopo parola il libro stravolge le convinzioni radicate; non è la ricerca della perfezione, l’optimum, non può essere, perché siamo ontologicamente imperfetti. Siamo esseri che osservano la realtà e credono sia la verità ma ciò che osserviamo non esiste, almeno non nella forma in cui ci appare: quando volgiamo lo sguardo al cielo, la luce delle stelle che osserviamo è quella dell’astro nel preciso momento in cui ha emesso quella luce, magari migliaia di anni fa oppure nel frattempo quella stella si è spostata di chilometri o è addirittura morta.
Leggere il libro mi ha riportato a uno stato di curiosità infantile, quella dei “perché”, aperto alla gioia della scoperta e della meraviglia che l’universo, la natura ci dona.
Un libro importante che ci avvicina all’essere nella sua forma essenziale, per quello che può al momento lo stato della conoscenza della filosofia attuale, fisica teorica, e verificata dalla fisica sperimentale e dalle tecnologie.
Trecentotrentatré pagine di meraviglia.
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 333
Questa mattina come è iniziata la giornata, avrei voluto che finisse all’istante, poi penso a un libro - mi rifugio sempre dentro le storie di un libro quando le cose non vanno -, ma quale?
Il libro migliore in questi momenti non può essere altro che di Murakami anzi è necessaria la sua scrittura; il giapponese ha la capacità come pochi di alienarti dalla realtà, trasportarti in altri mondi, mondi che si intrecciano. La strana biblioteca, un piccolo racconto del 2005, pubblicato da Einaudi lo scorso anno, ha queste caratteristiche: un bimbo entra in una biblioteca alla ricerca di un libro che gli faccia conoscere come venivano raccolte le tasse nell’Impero Ottomanno, segue un vecchio che dovrebbe portarlo nella sala lettura, perché il libro non può essere dato in prestito ma letto sul posto, percorrono un lungo corridoio e tante biforcazioni, la biblioteca diventa un labirinto e al termine del viaggio, il bambino, incontra l’Uomo-pecora. Il bimbo finisce in una trappola, l’Uomo–pecora è un sottoposto del vecchio, dovrà leggere i tre libri sull’Impero Ottomanno e impararli a memoria dall’inizio alla fine e solo fra un mese, il vecchio, verrà a fargli un esame. Se li avrai memorizzati bene, lo lascerà uscire. Uscire da dove? Da un non luogo, dove lo spazio e il tempo sono distorti, dove il bimbo vive un suo mondo, che leggendo si intreccia con quello di Ibn Armut Hasir un collettore di tasse di Istanbul - il protagonista di uno dei libro che ha iniziato a leggere -, anzi diventa lui, Ibn Armut Hasir.
La lettura cambia, trasforma il lettore, attraverso le parole la coscienza muta, si distorce, la vita dei personaggi si intreccia a quella del lettore che ne fa esperienza e si trasforma. La strana biblioteca è la storia di un cambiamento attraverso l’esperienza della lettura.
Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 88
Questo libro ci restituisce le narrazioni d’esperienza di chi ha partecipato a un cantiere socianalitico che si è interessato alle modalità con cui l’impero virtuale cerca di costruire una capacità egemonica sul mondo del lavoro.
I lavoratori di diversi settori, sanitario, istruzione, giuridico, servizi, trasporti ecc.. hanno raccontato la loro esperienza di lavoro; il radicale cambiamento del lavoro ma più profondamente il proprio rapporto con gli strumenti digitali che mediano l’attività lavorativa.
Il libro ci invita a riflettere su questo processo in atto da tempo, l’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro e il disorientamento dei lavoratori. “Io sono l’Automa”, così si è presentato a una visita medica obbligatoria, un lavoratore Acea di Roma. “ In che senso, scusi?” gli ha chiesto la dottoressa. E lui, con un tono angosciato: ”Nel senso che ormai non sono più una persona, il tablet personale mi comanda come un robot; nel senso che mi sento un automa, gli presto le mani è vero, ma per il resto quasi non decido più nulla; nel senso che questi ci pilotano…
Siamo immersi in un cambiamento sociale, e i più non ne sono consapevoli. “Nel Grande imprigionamento digitale – a differenza dei totalitarismi che hanno afflitto il secolo passato – sono i nostri “dati” e i nostri “profili” che vengono rastrellati, deportati e internati mentre i nostri corpi vengono lasciati “liberi” di imbrigliarsi ulteriormente nella Rete affinché possano contribuire incessantemente a produrre gratuitamente ulteriori aggiornamenti.”
Il libro si conclude indicandoci quattro pericolose tendenze digitali: l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo smarrimento dei limiti.
Editore: Sensibili alle foglie
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 144
Luciano Foà nel 1962 fu uno dei fondatori della Adelphi. Amava pochi scrittori senza riserve. Primi fra tutti, Stendhal e Kafka. E in Roth riconosceva la massima approssimazione a Stendhal che il Novecento aveva raggiunto. Fuga senza fine fu pubblicato nel 1927 in tedesco, per le edizioni Kurt Wolff a Monaco di Baviera.
Fuga senza fine è la storia di Franz Tunda tenente dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico nella grande guerra, fatto prigioniero dai russi nell'agosto del 1916, riesce a fuggire e si rifugia in un solitario, triste casolare in Siberia, ai margini di una foresta, fino al 1919. Quando scopre che la guerra è finita, parte, attraversa la Siberia, arriva in Ucraina, nei pressi di Kiev, viene preso dapprima come spia bolscevica, diventa poi rivoluzionario, crede di innamorarsi, finisce sul Mar Nero a Baku, fino a ritornare nell'impero che non c'è più, in una città sul Reno, poi a Berlino e infine a Parigi.
Mai come in questo romanzo nel protagonista si nasconde il suo autore. Tunda è un nomade. Aveva vissuto l’esperienza della Grande Guerra, della rivoluzione russa, della crisi dell'impero asburgico e dell'antica cultura europea. Nell’ interessante dialogo con il fratello, direttore d'orchestra di successo, Tunda mostra i mille buchi che sostituiscono nella vita quotidiana una cultura borghese ammuffita: i Buddha, i cuscini, i larghi e profondi divani, i tappeti orientali, le danze negre...
Fuga senza fine è uno dei racconti più conosciuti di Joseph Roth. Il 1919 è l'anno della formazione della Repubblica di Weimar. Tunda, l'ex militare, impoverito, orfano dell'identità dissolta del mondo Austro Ungarico, “Siamo stranieri in questo mondo, veniamo dal regno delle ombre.”, è il portatore di tutto lo straniamento e la frustrazione della guerra passata e del miserabile presente e della disfatta della vecchia amata Europa.
Vive la perdita inesorabile del nome, del credito, del rango, del titolo, dei soldi e della professione; una spoliazione del suo essere, della sua identità ma non si abbatte. «Io so soltanto che non è stata, come si dice, la ‘inquietudine’ a spingermi, ma al contrario – una assoluta quiete. Non ho nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi spinge, e non temo di andare a fondo».
Editore: Adelphi
Collana: gli Adelphi
Anno di pubblicazione: 1995
Pagine: 151
L’ambizione di ogni lettore è leggere quanti più libri possibile, ma per quanto si riesca ad entrare nell'esclusivo club dei lettori forti, ci sono sempre tanti e tanti libri che ingrossano la lista dei desideri. Jonathan Coe faceva parte, fino a qualche giorno fa, di questa lista, ora che ho finito di leggere Numero undici, mi sto chiedendo come è stato possibile lasciarlo marcire per così tanto tempo in quella lista.
Numero undici è composto da cinque storie, in ognuna compaiono due ragazze, il numero undici e dei ragni. Il romanzo si apre con Rachel e Alison, due ragazze di otto anni, compagne di scuola, che trascorrono qualche giorno dai nonni di Rachel nello Yorkshire. È il 2003, Rachel fa per la prima volta conoscenza della morte. Ascolta per caso dalla radio del nonno che David Kelly, scienziato e ispettore ONU, è stato rinvenuto cadavere adHarrowdown Hill, una foresta nell'Oxfordshire. Qualche giorno prima, Kelly, durante un’intervista riteneva infondato il dossier presentato dal governo Blair circa la presenza di armi di distruzione di massa in Iraq.
Un romanzo attuale, politico, fantastico. I personaggi sono lo strumento che Coe utilizza per descrivere la contemporaneità che lo disturba. Rachel, cresciuta e laureata, accetta di impartire lezioni private alle gemelle di una famiglia di super ricchi in cambio di un ottimo salario e vitto e alloggio in un palazzo principesco nella Londra più chic. Alison, la sua amica, nera, disabile ed omosessuale diventa il bersaglio di una giornalista conservatrice, e sua madre, Val, ex cantante di successo che decide di partecipare ad un reality show, l’ Isola dei famosi, per pagarsi i debiti, diventa suo malgrado parte di una narrazione già decisa dalla produzione. Coe ci racconta l’instabilità, la mercificazione, la manipolazione della realtà, il racconto del reale vs il reale, l’insoddisfazione per i propri leader politici, il tradimento di una giustizia socialepromessa: un horror sociale. Un romanzo sulla rabbia “sepolta sotto strati di abitudini e di comfort molti difficile da scalfire.”
Editore: Feltrinelli
Collana: i narratori
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine: 381
Commenti
Posta un commento