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Visualizzazione dei post da febbraio, 2015

Trilogia della città di K di Agota Kristof

Una favola nera, triste che all’improvviso si trasforma in un labirinto, ci cadi dentro, non sai come e quando è potuto succedere ma ti trovi invischiato nella storia, intrappolato: vite immaginarie, vissute, non riesci, caro lettore, più a comprendere qual è la verità della storia, storie nelle storie, un intreccio narrativo che ti terrà incollato alle pagine, una bramosia di arrivare in fondo, scoprire l’origine di tutto. Parole che ti si scolpiscono negli occhi, scene che si sovrappongono, disperate, dolorose, sorprendenti. E quando credi di aver compreso la trama, uno schiaffo ti sveglia: era un sogno, le cose stanno peggio di come le avevi intese. La Kristof smaschera le rappresentazioni del mondo, lo capisci perché leggendo, forte è il ribrezzo, la voglia di chiudere il libro, perché quelle parole, poche volte le hai sentite, poche volte le hai lette con quella forza, parole crude, nette, perentorie, vere e non semplici rappresentazioni. Non provare a leggere la tr

La donna della domenica di Fruttero & Lucentini

Il libro è rimasto nella lista dei desideri per troppo tempo, solo ora me ne rendo conto: un crimine contro la buona lettura. Tu, sì proprio tu, che stai leggendo, se non vuoi macchiarti dello stesso crimine, chiudi il computer, esci da casa, corri in libreria, entra e compra la donna della domenica .  La donna della domenica è un giallo, scritto dalla “ditta” Fruttero & Lucentini , è stato il primo giallo italiano, pubblicato nel 1972. Il romanzo ebbe un grande successo e ne fu tratto un film nel 1975 e una fiction nel 2011. Un architetto, Garrone, che vive di espedienti, viene trovato morto nel suo studio, colpito in testa con una riproduzione di un itifallo iguvino.  Anna Carla, moglie di un industriale, e Massimo, un giovane della buona borghesia torinese, saranno i primi sospettati. Lello, giovane impiegato, che ha una storia omosessuale con Massimo, si incuriosisce, si appassiona all’indagine e arriverà vicino alla verità, al punto di lasciarci la vita. L’inda

The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson

Quando la sera decido di vedere un film, all’inizio, e se il film non mi piace anche dopo, ho un senso di inconcludenza, per non aver ottemperato alla mia dose di lettura quotidiana. Così ieri sera, appena scorrevano le prime immagini del film, mi dicevo - sei sempre in tempo per chiudere la tv - , mentre con un occhio sbirciavo i libri sul comodino, poi una ragazza davanti a un monumento, con un libro in mano: una storia contenuta in un libro, filtrata dalle parole dello scrittore. Ho chiuso la lampada e gli occhi si sono incollati allo schermo della tv.  In una repubblica immaginaria, Zubrowka , c’è il Grand Hotel Budapest , raggiungibile solo con una funicolare; si parte dal mondo per uscirne e ritornarvi. I personaggi hanno un tratto fumettistico, e non poteva essere diversamente, infatti la sceneggiatura del film, oltre che del regista, Wes Anderson , è di Hugo Guinness un famoso illustratore britannico.   Il film è ispirato alle storie di Stefan Zweig scrittore austr