Luciano Foà nel 1962 fu uno dei fondatori della Adelphi. Amava pochi scrittori senza riserve. Primi fra tutti, Stendhal e Kafka. E in Roth
riconosceva la massima approssimazione a Stendhal
che il Novecento aveva raggiunto. Fuga
senza fine fu pubblicato nel 1927 in tedesco, per le edizioni Kurt Wolff a Monaco di Baviera.
Fuga senza fine è la storia di Franz Tunda tenente dell'Imperial regio Esercito
austro-ungarico nella grande guerra, fatto prigioniero dai russi nell'agosto del
1916, riesce a fuggire e si rifugia in un solitario, triste casolare in
Siberia, ai margini di una foresta, fino al 1919. Quando scopre che la guerra è
finita, parte, attraversa la Siberia, arriva in Ucraina, nei pressi di Kiev,
viene preso dapprima come spia bolscevica, diventa poi rivoluzionario, crede di
innamorarsi, finisce sul Mar Nero a Baku, fino a ritornare nell'impero che non
c'è più, in una città sul Reno, poi a Berlino e infine a Parigi.
Mai come in questo romanzo nel protagonista si nasconde il suo autore. Tunda è un nomade. Aveva vissuto l’esperienza
della Grande Guerra, della
rivoluzione russa, della crisi dell'impero asburgico e dell'antica cultura
europea. Nell’ interessante dialogo con il fratello, direttore d'orchestra di
successo, Tunda mostra i mille buchi
che sostituiscono nella vita quotidiana una cultura borghese ammuffita: i
Buddha, i cuscini, i larghi e profondi divani, i tappeti orientali, le danze
negre...
Fuga senza fine è uno dei racconti più
conosciuti di Joseph Roth. Il 1919 è l'anno della formazione della Repubblica di Weimar. Tunda, l'ex
militare, impoverito, orfano dell'identità dissolta del mondo Austro Ungarico, “Siamo
stranieri in questo mondo, veniamo dal regno delle ombre.”, è il portatore
di tutto lo straniamento e la frustrazione della guerra passata e del
miserabile presente e della disfatta della vecchia amata Europa.
Vive la perdita inesorabile del nome, del credito, del rango, del
titolo, dei soldi e della professione; una spoliazione del suo essere, della
sua identità ma non si abbatte. «Io so soltanto che non è stata, come si dice,
la ‘inquietudine’ a spingermi, ma al contrario – una assoluta quiete. Non ho
nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi
spinge, e non temo di andare a fondo».
Editore: Adelphi
Collana: gli Adelphi
Anno di pubblicazione: 1995
Pagine: 151
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