Il libro è il racconto
vero di una menzogna durata trent’anni: il presidente dell’associazione dei
deportati spagnoli nei campi nazisti non è mai stato in un campo nazista.
Enric Marco è un’impostore.
Colui che aveva ricoperto la
carica di presidente dell’Amical de Mauthausen non era chi diceva di
essere. Aveva imbrogliato tutti.
Quando uscì la notizia,
che ebbe un’eco planetaria, Marco che era riuscito negli anni a essere un
personaggio adorato, un eroe civile, venne apostrofato su tutti i media con
commenti denigratori: canaglia, miserabile, svergognato, criminale, traditore,
spazzatura …
Marco
venne smascherato da Benito Bermejo,
uno storico, nella primavera del 2005, quando era sul punto di diventare il
primo ex deportato spagnolo a parlare in una commemorazione ufficiale della
liberazione del lager, per di più quella del sessantesimo anniversario, per di
più alla presenza dell’allora premier José
Luis Zapatero.
Cercas
racconta i suoi dubbi; scrivere il libro avrebbe significato capire e quindi
giustificare, come scriveva Primo Levi
a proposito dell’Olocausto. Scrivere la storia di un bugiardo, come diceva Fernando Arrabal, sarebbe stato un
paradosso «Il bugiardo non ha storia. Nessuno si azzarderebbe a fare la cronaca
della menzogna né a proporla come una storia vera. Come raccontarla senza
mentire?».
Ma il passato non passa
mai, non è neppure, come diceva Faulkner, passato è soltanto una dimensione del
presente. E allora non si può far finta di nulla, non si può lasciare che la
memoria che è individuale copra la verità storica; Marco è un uomo comune. Ha
tentato di farsi passare per eroe. Non lo fu. Nessuno è obbligato a esserlo.
Per questo gli eroi sono eroi, scrive Cercas.
Ma scrivere un libro su un
impostore nascondeva anche un rischio personale. Capote che scrisse A sangue
freddo, il suo capolavoro, la storia vera di un assassino di una famiglia di
contadini del Kansas, secondo Emmanuele
Carrére con quel romanzo si salvò come scrittore ma si condannò come essere
umano e il lungo processo di autodistruzione personale, a opera dell’alcol,
dello snobismo e della malvagità, che seguì alla pubblicazione, fu il prezzo
che lo scrittore pagò per la sua viltà. Quando Carrére iniziò a scrivere L’avversario
la storia di un impostore di nome Jean-Claude Romand che ammazzò la moglie, i
due figli piccoli e i genitori perché non scoprissero la sua impostura, voleva
imitare Capote, raccontare la storia con impassibilità e distacco, escludendo i
suoi dilemmi morali tuttavia alla fine Carrére scese di non farlo, scelse di
raccontare la storia in prima persona, rivelando anche le sue perplessità
morali: «Penso senza esagerazioni che questa scelta mi abbia salvato la vita.»,
afferma Carrére.
L’impostore è un libro
straordinario, perché straordinaria è la storia di Enric Marco, l’uomo che a
cinquant’anni, invece di accontentarsi di sognare, ha riscritto la sua vita
facendone un romanzo; tra realtà e menzogna ha scelto la menzogna perché gli ha
permesso di vivere. È un libro straordinario perché Cercas ha deciso di svelarci
non solo la vita reale di Marco ma anche la sua, scavando nel profondo dello
scrittore e dell’uomo.
Editore: Guanda
Collana: Narratori della Fenice
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 416
Collana: Narratori della Fenice
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 416
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