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Il caso Piegari. Attualità di una vecchia sconfitta di Ermanno Rea





Piegari medico e umanista, appassionato cultore del sapere storico in particolare del Risorgimento italiano, è il leader del Gruppo Gramsci, attivo dalla fine degli anni ’40 e il 1954, un polo culturale di prima grandezza seguito oltre che da iscritti e simpatizzanti del PCI anche da chi subisce il fascino di un collettivo che ha portato in luce la più alta cultura e la ricerca storica.

Piegari e il Gruppo contestano la linea «meridionalista» del PCI sostenuta da Amendola e dal quadro dirigente napoletano (Cacciapuoti, Napolitano, Chiaromonte …).

 Piegari e il suo Gruppo fedeli alla lezione di Gramsci che polemizza con l’impostazione salveminiana, sono convinti che la Questione Meridionale è questione nazionale che si può risolvere attraverso l’unione degli operai del nord con i contadini del sud. Diceva, il Piegari, che in Gramsci vi era una buona dose di diffidenza verso le forze locali, portate di fatto a forme di rivendicazionismo economicistico.

Piegari e il suo Gruppo avevano intravisto il pericolo di una connivenza, di trasformismi, di una piccola politica fatta di accordi trasversali, compromessi che avrebbero affossato definitivamente il sud. 

La storia e l’attualità sono davanti ai nostri occhi. La Questione Meridionale per tanto tempo fonte di dibattito politico è sparita da ogni discussione non solo politica. 

Piegari, Marotta che avevano paventato l'errore di una linea politica localistica, rivendicazionista come quella postulata da Amendola, senza avere la possibilità di dibattito, nel chiuso delle stanze, tra pochi abilitati a prendere decisioni, furono cacciati dal PCI. L’espulsione provocò un trauma in Piegari; non riuscì a venirne più fuori e nel 2007 morì.

Marotta proseguì idealmente e sostanzialmente l’opera che, tra l’altro, si voleva perseguire con il Gruppo Gramsci, un polo culturale; appassionato biblofilo, Marotta accumulò migliaia di libri che fin quando fu possibile trovarono collocazione nei due piani superiori alla sua abitazione, da questa biblioteca nel 1975 nacque l’Istituto italiano per gli studi filosofici. Marotta, sollecitato da Elena Croce e dal presidente dell’Accademia dei Lincei, Enrico Cerulli ne divenne presidente. 

Per anni fu il solo finanziatore dell’Istituto fin quando nel 1993 il Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi consentì un finanziamento cospicuo che permise di dare lustro al nome di Napoli in tutto il mondo. La nascita di scuole in tutto il Mezzogiorno diede la possibilità a tutta l'Italia di ricevere sommo rispetto in tutto il mondo. 

Nel 2009, l’allora Ministro del Tesoro Giulio Tremonti decreta la fine dei finanziamenti, con la cultura non si mangia, disse, e l’Istituto cominciò il suo declino. 

Oggi l’Istituto che vanta trecentomila opere, che secondo l’UNESCO non ha paragoni nel mondo rischia di chiudere. I preziosi libri sono ammassati in un ex capannone industriale di Casoria, per opera della miopia e dell'inerzia ostinata di alcuni dirigenti amministrativi.

Qualunque altro popolo, scrive Rea, andrebbe fiero, dell’eredità del Gruppo Gramsci, e la biblioteca e l’Istituto italiano per gli studi filosofici sarebbero un motivo di vanto per qualsiasi popolo. Non così per l’Italia. 

La Questione Meridionale è sparita dal tavolo politico lasciando dietro di sé macerie. Il disastro di quella politica amendoliana sfociato nel 1970 nel regionalismo ha ancor di più amplificato con il tempo quell’errata impostazione conferendo un respiro localistico alla Questione, ridimensionandola e lasciandola in mano ai capi bastone locale che ne hanno fatto la propria fortuna politica; i continui scandali che le cronache riportano sono sotto i nostri occhi così come i problemi irrisolti.  



Editore: Feltrinelli


Anno di pubblicazione: 2014

Pagine: 135


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