“Da dove venite? A chi appartenete? Cosa andate cercando?”. Non ci troviamo in Toscana e nessuno chiederà un fiorino.
L’Irpinia è il luogo del libro, la terra dei padri, che il viandante narratore ci fa attraversare. Luoghi e personaggi intrisi di storia a cominciare dai loro “stortinomi”: Scatozza “domatore di cambion”, Mandarino “pascitore di uomini”, la Totara, Cazzariegghio, Pacchi Pacchi, Testadiuccello, Camoia, la Marescialla. Il libro è un viaggio dentro il mito, il viandante procede alla ricerca di se stesso, della propria natura dove “la terra rinnova l’inizio del tempo, indifferente agli uomini e all’opera loro.” e “I Siensi soltanto possono contrastare la paura incessante che ci governa,…”.
Per tutto il libro Capossela semina, arricchendo il testo, espressioni linguistiche che suggeriscono suoni: il “cambion” che aveva il clacson con la ripetizione che strombazzava a ogni curva TABATABANATATA…, le civette, le cuccuvasce CU CU. “… i
Canitrani che così pacci sono che si vendono pure l’asino con tutto il
grano, per comprarsi il riganetto a musica che fa zuchete zuchete”.
Un flusso di musica e “parole parlate”
un ronzio e, a tratti, come i Carianesi si avrebbe il bisogno di
vestire delle grosse coppole per proteggerci e rimanere solitari, per
impedire al mondo di fuori di entrare dentro. “Niente è più vero di quello che immaginiamo, niente abbiamo di più sincero.” La Busciarda, la tv, contaminazione del mondo vero, infetta. I sogni non si interpretano più. “ La speranza si è andata trasformando. Si è evoluta, si è fatta industria.”. Un mondo diverso, un’attualità che arriva solo per simulacri, che umilia costringe a gonfiarsi di vanità.
Il racconto dei racconti è il paese dei coppoloni, quello che le Mammenonne
intorno al braciere, che con maestria rinfocolavano, hanno ripetuto per
secoli, una tradizione orale di storie mitiche. È un’allegoria della
perdita della comunità, delle nostre radici, della terra dei nostri
padri, che ci rende solitari, potenti nel chiuso delle nostre case fra i
quattro muri davanti ad uno schermo, che sia la tv o il computer, ad
assorbire la menzogna della realtà che il simulacro di turno ci ripete
incessantemente a reti unificate e globalmente. Cosa cerchiamo, come
anime viandanti? “Una mitologia personale? Una liturgia della
memoria? Mentre tutta la Storia ci impone di essere cittadini del mondo,
di non appartenere a nulla…” omologati magari re, ma a che serve essere re in una terra di ciechi?
Un grande libro.
Il paese dei coppoloni di Vinicio Capossela
Editore: Feltrinelli
Collana: I narratori
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine: 352
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