In tanti libri si leggono storie,
alcune meravigliose, poi ci sono libri che sono letteratura, ecco, Il genio
dell’abbandono è letteratura.
Il genio dell’abbandono è
una biografia romanzata
di
Vincenzo Gemito scultore e pittore nato a Napoli nel 1852 e ivi scomparso nel
1929, artista in continua ricerca del dinamismo vitale nelle opere d’arte ha fatto
a meno delle ricercatezze formali ma gratuite cercando il movimento al fine di
rendere con veridicità l'espressività della vita, ma
il senso del libro e tanto di più.
Leggendo il libro, i
dialoghi, mi sono ritrovato a modulare il tono della voce e a gesticolare, il
testo ti spinge allo sdoppiamento, lettore – attore, ci si ritrova sospesi tra
realtà e sogno, vero e verosimile: leggo ma non sto leggendo, vedo Vincenzo,
Vicienzo e Peppino, uno produce l’arte, uno cammina svelto tra strade, case,
folle, persone, luci e l’altro impersona gli altri due recitando in teatro.
Qual è la realtà: io che leggo, io che recito, io che vedo Napoli, io che
ricordo le commedie di De Filippo, di nuovo io nel letto con il libro in mano.
Il tema dell’identità è
forte nel libro, l’identità sdoppiata, moltiplicata del protagonista Vicienzo
in scigna, lince e serpe, in parte entità animale e in parte grande spirito
arboreo.
La scelta delle parole, la
ricercatezza della scrittura, la ricchezza della lingua, italiano e napoletano che
si alternano e mischiano, un alternarsi che è musica, le immagini che la
potenza della parola evoca e ognuno dei personaggi modellati con una penna
capace di catturarne la veridicità fanno di questo libro un capolavoro dalla
prima all’ultima lettera stampata.
Editore: Neri Pozza
Anno di pubblicazione: 2015
Pagine:352
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