Baricco ci sa fare con le parole, non lo scopro certo io. Sa scrivere, sa costruire storie e creare prodotti di narrativa. La narrativa è anche un prodotto, nella forma di libro lo è. Questo, Smith & Wesson, è mediocre.
Per chi come me ha tanti libri di Baricco nella propria libreria e li ha pure letti ed apprezzati, non si può accontentare di una sceneggiatura come questa, banale sin dal titolo. Ci sono alcuni passaggi alla Baricco, certo, e ci mancherebbe, ma manca del tutto quella magia, che quando affronti i suoi testi ti prende: leggi, ti fermi un attimo, e poi rileggi, ti fermi, vai avanti così per tutto il libro e quando hai finito di leggerlo ti dispiace e lo riapri, il libro, alla ricerca di quel passo che più ti è piaciuto e poi quell’altro e l’altro ancora, e cerchi di impararli a memoria, li appunti su un pezzo di carta che riponi accanto al letto sul comodino e prima di andare a dormire, ogni tanto li rileggi.
Baricco è un sacerdote laico della parola. In questo libro, manca tutto questo. Peccato.
La Smith & Wesson è una fabbrica statunitense di armi leggere fondata nel 1852 da Horace Smith e Daniel B. Wesson.
Nel libro Tom Smith e Jerry Wesson sono un tutt’uno, come l’arma statunitense; Smith è un inventore, ricercato per frode in alcuni stati dell’Unione, Jerry Wesson è un pescatore di uomini, raccoglie i corpi degli uomini che si buttano dalle cascate del Niagara. Rachel è una ragazza di ventitré anni che sogna di diventare giornalista, ma in redazione non viene apprezzata, ha bisogno di una notizia che la faccia brillare. Decide di lanciarsi dalle cascate del Niagara, per farlo ha bisogno di qualcuno che l’aiuti a non rischiare la vita: Smith & Wesson, appunto.
Smith & Wesson di Alessandro Baricco
Editore: Feltrinelli
Collana: I narratori
Anno di pubblicazione: 2014
Pagine: 108
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