Sulla rivoluzione francese ci sono montagne di libri, ma in
questo romanzo c’è tanto di diverso. Partiamo da quello che non c’è. Non c’è
una sistematicità degli eventi, uno snocciolare degli anni come fossero olive,
non ci sono tesi ed antitesi, e allora cosa c’è? Una storia, e vi sembra poco?
Anzi ci sono delle storie, quelle della plebe rivoluzionaria in nome della
quale ogni rivoluzione ha inizio e poi sempre finisce col travolgerla e
umiliarla, meno male che questa volta, dalla parte della plebe, si schiera
Scaramouche, un uomo in maschera che si aggira sui tetti, l’Ammazzaincredibili.
Dicono che sia un italiano. Meno male che c’è Marie Nozière, una sarta e
rivoluzionaria, una figura essenziale, tutto il romanzo ruota intorno a lei.
C’è
la storia raccontata dal punto di vista di chi la fece, tutto in presa diretta,
osserviamo gli avvenimenti accadere. “ Te lo si conta noi, com’è che andò. Noi
che s’era in Piazza Rivoluzione. Qualchedun altro te lo conterebbe – e magari
te l’ha già contato- come son buoni tutti, cioè a dire col salinzucca di poi,
dopo aver adocchiato le stampe dei libri, varda c’è Madame Ghigliottina, c’è il
ritratto di Robespierre, volti la pagina e c’è la mappa delle battaglie, e dal
capo…” .
Non è tutto, e sarebbe già molto ma i Wu Ming non si accontentano; da anni sperimentano, e qui c’è una sperimentazione linguistica,
una lingua inventata, l’idioma della plebe del settecento francese reso in
italiano: i sanculotti parlano una lingua che ha dei rimandi bolognesi, e
quando ci si sposta in Alvernia la lingua è un piemontese astratto, il tutto ha
un’armonia e una musicalità eccezionale: Wu Ming è anche un progetto musicale.
Tutto torna. Anche una relazione con il presente. L’armata dei sonnambuli è
certamente anche un’allegoria del presente, ma attenzione a non pensare a delle
corrispondenze sterili.
L'armata dei sonnambuli di Wu Ming
Editore: Einaudi
Collana: Stile libero BIG
Anno di pubblicazione: 2014
Pagine: 796
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