Ti dicono che non sai stare al mondo.
Ti dicono che sei asociale.
Ti dicono che sei diverso.
Ti dicono che sei pazzo.
Perché?
Hai la presunzione di essere un individuo! E quando sei adolescente, emotivamente fragile, cadi nella trappola del branco, che ti coopta, oppure riesci a resistere. E prima che sia troppo tardi, invece, di affannarsi nella ricerca delle grandi speranze e delle grandi illusioni sarebbe meglio realizzare se stesso, anche se sei una barca nel bosco.
Tu ne quaesiĕris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di diderint, Leuconŏe
Gaspare Torrente è uno di queste "barche" che non seguono la rotta predefinita. Su suggerimento di una sua insegnante della scuola media, madame Pilou, si è trasferito insieme alla madre, dall’isola al nord a Torino, per proseguire gli studi; perché il ragazzo è portato. Ma ben presto si rende conto di non riconoscersi e di non essere riconosciuto dal “mondo”. E inizia a lottare con se stesso per adeguarsi, senza riuscirci.
Già dalle prime pagine, ho percepito Gaspare come un conoscente, alcune volte un parente, altre volte me stesso. Tutto il caleidoscopio emotivo è passato al settaccio: leggendo si finisce ad avere tenerezza, solidarietà, incredulità, rabbia, sconforto, (speranza?).
Questo libro, pubblicato da Guanda, con il quale Paola Mastrocola - insegnante di italiano in un liceo della provincia di Torino - ha vinto il Campiello nel 2004, non è solo un romanzo ma anche una fotografia della nostra scuola e società: impietosa.
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