“Ti ho preso bastardo!”, dice don Lorenzo, uno dei personaggi del romanzo a pagina 287, svelando il perché del titolo.
La storia è ispirata ad alcuni fatti realmente accaduti, narrati nel Diario dell’invasione di Maria Spada prozia dell’autore Andrea Molesini, al suo primo romanzo, edito da Sellerio, vincitore del XLIX Premio Campiello.
Tra il 9 novembre 1917 e il 30 ottobre 1918 la famiglia Spada, verso la fine della Prima Guerra Mondiale, dopo la battaglia di Caporetto, diventa prigioniera in casa propria degli austriaci.
Narrata in prima persona da Paolo Spada un diciassettenne orfano che nell’ultimo anno della Grande Guerra conosce l’amore e la morte, mentre l’Italia sconfitta prepara la riscossa, la storia è arricchita da altri personaggi: nonno Guglielmo, cinico e dispensatore di sentenze, nonna Nancy, “a dispetto dei suoi settant’anni” una donna colta e ardita, “fra noi e questa gente voglio un fossato fatto di labbra serrate e di sguardi scortesi” dice alla famiglia chiamata a raccolta nella sua stanza per comunicare come dovevano comportarsi. Donna Maria la zia, che tiene in pugno l’andamento della casa “prigioniera di una fierezza che affascinava e allontanava gli uomini”. Giulia, “uno schiaffo di lentiggini”, è la giovane di cui s’innamora Paolo, “matta, bella e rossa”, ed infine i domestici: Teresa la cuoca “un portento”, la figlia stolta Loretta e Renato il custode, che si rivelerà ben di più.
Questo romanzo storico, forse uno dei pochi se non l’unico che ci racconta gli eventi degli occupati che dovettero subire le conseguenze dell’invasione austriaca, è anche altro, un romanzo di formazione e di analisi sociale; esplora i cambiamenti individuali e collettivi che la guerra porta con sé: Paolo è il diciassettenne che viene iniziato alla vita adulta che dice “Il barone parlava la mia lingua e quei contadini no, impugnava la forchetta e sollevava il bicchiere come facevo io, e quei contadini no, aveva letto molti libri che avevo letto io, e quei contadini non sapevano leggere” descrivendo un mondo che stava lasciando spazio ad uno in cui le masse sarebbero state protagoniste come fotografa il nonno Guglielmo in una delle sue sentenze “A generali cretini potrebbero succedere sergenti cretini”.
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