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Cosa vuoi fare da grande?



C’era Spillo, Naomi e Kenny. Era il 1979.

Spillo, che in realtà si chiamava Stefano, aveva sempre il pallone sotto il braccio. Era felice solo se giocavamo a pallone,  quando perdeva l’afferrava con le mani tozze e se ne andava senza salutare. Naomi, cioè Piera, aveva sempre una piccola borsa, a tracolla rossa, che non mollava mai; tornava a casa ogni mezz’ora per cambiarsi. Luigi abitava nei palazzi nuovi, dopo la curva, vicino all’edicola. Ogni pomeriggio, scendeva giù da noi - ci radunavamo di fronte la pensilina della fermata dell’autobus - con la sua bmx, quasi sempre senza freni, i pantaloni strappati, all’altezza delle ginocchia, che lasciavano intravedere la carne viva e rossa, perché in curva si piegava, diceva lui, alla Kenny Roberts.

E poi c’ero io, Giuseppe, senza soprannome: non avevo le idee chiare su cosa volevo fare da grande. 

Ogni anno, il giorno del mio compleanno, nel momento della foto con i miei amici, e prima di spegnere le candeline, si ripeteva la stessa scena, zio Franco sollevava il dito rigido in aria e diceva: «Stefano farà il calciatore, Piera la modella, Luigi il motociclista e tu Giuseppe cosa vuoi fare da grande?», avevo gli occhi di tutti addosso, sembravano dei fari puntati sul colpevole, “questa volta, confesso …”, pensavo.

«Leggere», risposi, e, prima che si riprendessero dallo stupore, proseguii «quando entro in libreria il mondo è lì, dimentico chi sono, il tempo si ferma, i libri mi chiamano e li rincorro con lo sguardo, li prendo in mano, guardo il titolo, apro il risvolto della copertina e poi, e poi l’odore del libro nuovo: che delizia! Il libro è la porta aperta nel nostro “io”, è il passato, il presente, il futuro.».

Spensi le candeline: quell’anno l’applauso fu più lungo, mamma piangeva!

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