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Oggetti persi, pensiero unico ed altro



Ieri sono andato in centro per fare una passeggiata, incontro un amico e facciamo due chiacchiere, qualche riflessione, un po’ di risate, si fa l’ora di ritornare a casa, mi avvio al parcheggio, ma non vedo la macchina. Ho dovuto girare un po’ per ritrovarla;  non ricordo mai dove la metto, la testa o la macchina? 
Bella domanda, dopo dieci minuti la ritrovo, la cercavo nel posto abituale, era da tutt’altra parte.
Quante volte vi è capitato di non trovare ciò che siete sicuri di aver conservato nel solito posto? E cosa accade quando vi armate di pazienza ( si fa per dire), e cominciate la ricerca?
Se avete la pazienza di seguirmi, in questo post, trovate le mie risposte ai quesiti, non si tratta solo, di cose perse e ritrovate ma c’è anche altro …

Quando perdiamo qualcosa, subito riavvolgiamo il nastro dei ricordi, e ripensiamo a tutte le azioni che abbiamo fatto fino a quel momento, fateci caso, se già non lo avete notato; spesso le nostre azioni sono abituali, compiamo sistematicamente e meccanicamente, ogni giorno, le stesse azioni, ci creiamo dei percorsi e di volta in volta li seguiamo.

Quando non ricordiamo dove abbiamo lasciato qualcosa è perché siamo usciti dal percorso, siamo andati fuori la strada che giornalmente percorriamo. Se ogni sera prima di dormire tolgo l’orologio e lo lascio sulla scrivania, la mattina, quando arriva il momento di rimetterlo, mi avvicino alla scrivania senza pensarci e lo indosso, ma se nel momento di toglierlo ricevo una telefonata e lo lascio sul tavolo, sul divano ecc …; ho imboccato una nuova strada, ed il nostro cervello andrà a rovistare fra le azioni abituali perché?

Mentre ci vestiamo, laviamo, mangiamo, parcheggiamo l’auto ecc..; qualsiasi azione compiamo è meglio che sia abituale, così da impegnare al minimo il cervello che può dedicarsi ad altro.
Ma quando dobbiamo prendere una decisione come si comporta il cervello, anche in questo caso preferisce percorrere la strada abituale, la più rassicurante?

Nell’analizzare una situazione che richiede una decisione, il cervello attinge dal suo archivio di esperienze costituito da ricordi, sensazioni, emozioni, utili per poter estrapolare il maggior numero di informazioni e poter compiere una scelta. Ma sebbene questo modo di ragionare è utile in tantissime situazioni, risulta conservativo, non aiuta a sperimentare nuove strade che accrescono l’esperienza e di conseguenza le informazioni.

Le scelte sono frutto, sempre, del solito percorso che conosco, capisco che non mi soddisfa ma ormai sono abituato e lo riesco ad accettare: è meglio calpestare il medesimo sentiero anche se pieno di buche e tortuoso che intraprenderne uno nuovo, che richiede un maggiore sforzo.

Da troppo tempo, ci ritroviamo tutti a girare dentro lo stesso recinto,  la soglia di capacità critica individuale si è notevolmente abbassata, e consciamente o inconsciamente assorbiamo un pensiero strisciante, subdolo e persuasivo, quello che in due parole si chiama, pensiero unico, che è un’espressione utilizzata per descrivere l’egemonia culturale del neoliberismo, il termine è stato coniato nel 1995 da Ignacio Ramonet direttore responsabile di “Le Monde Diplomatique".

Quali sono le altre strade e come affrancarci dal pensiero unico con uno multiplo espressione di tante voci quanto sono gli esseri umani, e come sconfessare chi dice non c’è alternativa, sarà il tema di un prossimo post.

Commenti

  1. dovremmo ogni tanto saper cambiare posto e direzione agli oggetti come ai pensieri,le idee e anche le nostre azioni...per non far atrofizzare la mente e a volte anche il cuore...

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