Nella scorsa settimana in tv due documentari si sono occupati di Adriano Olivetti, «Quando Olivetti inventò il pc», di Alessandro Bernard e Paolo Ceretto (History Channel, canale 407 di Sky) e “La passione per il futuro – Adriano Olivetti e Steves Jobs (Correva l’anno, Rai 3).
Adriano Olivetti nato l'11 aprile del 1901 ad Ivrea, industriale ma anche intellettuale, urbanista, editore è stato un precursore di idee, un visionario, capace di portare la piccola azienda di famiglia a competere con i giganti del mercato mondiale .
Nella fabbrica di Ivrea moderna e spaziosa l’utilizzazione del vetro è massiccia, affinché gli operai che vi lavoravano, spesso strappati al mondo rurale, potessero continuare a sentirsi a contatto con la natura e sentirsi come parte del paesaggio, “circondati e avvolti dalla luce”.
L’ingegnere che pensava al profitto non come il fine ultimo di impresa, mutò il sistema produttivo passando dalla catena di montaggio alle “isole” nelle quali un gruppo di operai specializzati era in grado di montare, controllare e riparare un prodotto finito o una parte completa di esso.
I dipendenti Olivetti godevano di benefici eccezionali per l’epoca: i salari superiori del 20% della base contrattuale, oltre al salario indiretto costituito dai servizi sociali, le donne avevano nove mesi di maternità retribuita (quasi il doppio di quanti ne hanno oggi, per intenderci) e il sabato veniva lasciato libero, prima ancora di ogni contrattazione sindacale. L'orario di lavoro ridotto da 48 a 45 ore settimanali, a parità di salario, in anticipo sui contratti nazionali di lavoro.
La fabbrica era frequentata dai maggiori intellettuali dell’epoca, diverse volte ospitò Moravia e Pasolini diversi erano lei mostre ed i festival cinematografici organizzati ed era presente un biblioteca aziendale accessibile dai lavoratori anche durante le ore di lavoro.
Si potrebbe pensare che tutto ciò non si conciliasse con i profitti, niente di più falso; in poco più di un decennio la produttività cresce del 500% il volume delle vendita del 1300%.
Cosa un Paese normale, cosa un sistema culturale economico e politico avrebbero dovuto fare davanti a questa opportunità?
Tantissime cose, ma purtroppo l’unica fu quella di isolare il portatore di queste novità pericolose se adottate sistematicamente in tutte le realtà produttive perché avrebbero sconvolto il sistema capitalistico conservatore.
L’ingegnere era considerato una scheggia impazzita, “un imprenditore rosso”, lo definì il presidente di Confindustria di allora, Andrea Costa con l’invito agli associati di boicottarne i prodotti.
Dopo la morte improvvisa di Adriano Olivetti, ed in seguito anche di Mario Tchou - l’ideatore dell'Olivetti Elea 9003 non soltanto il primo calcolatore elettronico italiano, ma anche uno dei primissimi al mondo costruito interamente a transistor – l’Olivetti passa nelle mani di un Gruppo di Intervento capitanato da Fiat, e costituito da Pirelli, Centrale e da due banche pubbliche, Mediobanca e Imi.
In assemblea, Vittorio Valletta, manager alla guida della Fiat, dichiara:
«La società di Ivrea è strutturalmente solida e potrà superare senza grosse difficoltà il momento critico. Sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può affrontare».
Il Gruppo di intervento decide dunque di cedere la Divisione Elettronica alla General Electric, nell'apparente disinteresse del governo e dei media.
Si interrompe il cammino informatico dell’Olivetti.
Questa storia mette in chiaro l’opportunità che il nostro Paese ha perso e la responsabilità è tutta del gruppo di potere che in Italia ha voluto conservare la propria casta indirizzando le scelte in modo unidirezionale per il bene proprio non certo per la collettività, purtroppo questa è una storia che non è finita in quegli anni, ma che continua tutt’ora.
Tante volte questo Paese ha perso e continua indifferentemente a perdere gli uomini migliori, le idee migliori un' “aria soffocante” ha da sempre precluso un sano sviluppo, i problemi di sempre: carenza nelle infrastrutture, debito pubblico, questione meridionale, non sono conseguenza di un caso ma frutto di scelte precise.
Adriano Olivetti nato l'11 aprile del 1901 ad Ivrea, industriale ma anche intellettuale, urbanista, editore è stato un precursore di idee, un visionario, capace di portare la piccola azienda di famiglia a competere con i giganti del mercato mondiale .
Nella fabbrica di Ivrea moderna e spaziosa l’utilizzazione del vetro è massiccia, affinché gli operai che vi lavoravano, spesso strappati al mondo rurale, potessero continuare a sentirsi a contatto con la natura e sentirsi come parte del paesaggio, “circondati e avvolti dalla luce”.
L’ingegnere che pensava al profitto non come il fine ultimo di impresa, mutò il sistema produttivo passando dalla catena di montaggio alle “isole” nelle quali un gruppo di operai specializzati era in grado di montare, controllare e riparare un prodotto finito o una parte completa di esso.
I dipendenti Olivetti godevano di benefici eccezionali per l’epoca: i salari superiori del 20% della base contrattuale, oltre al salario indiretto costituito dai servizi sociali, le donne avevano nove mesi di maternità retribuita (quasi il doppio di quanti ne hanno oggi, per intenderci) e il sabato veniva lasciato libero, prima ancora di ogni contrattazione sindacale. L'orario di lavoro ridotto da 48 a 45 ore settimanali, a parità di salario, in anticipo sui contratti nazionali di lavoro.
La fabbrica era frequentata dai maggiori intellettuali dell’epoca, diverse volte ospitò Moravia e Pasolini diversi erano lei mostre ed i festival cinematografici organizzati ed era presente un biblioteca aziendale accessibile dai lavoratori anche durante le ore di lavoro.
Si potrebbe pensare che tutto ciò non si conciliasse con i profitti, niente di più falso; in poco più di un decennio la produttività cresce del 500% il volume delle vendita del 1300%.
Cosa un Paese normale, cosa un sistema culturale economico e politico avrebbero dovuto fare davanti a questa opportunità?
Tantissime cose, ma purtroppo l’unica fu quella di isolare il portatore di queste novità pericolose se adottate sistematicamente in tutte le realtà produttive perché avrebbero sconvolto il sistema capitalistico conservatore.
L’ingegnere era considerato una scheggia impazzita, “un imprenditore rosso”, lo definì il presidente di Confindustria di allora, Andrea Costa con l’invito agli associati di boicottarne i prodotti.
Dopo la morte improvvisa di Adriano Olivetti, ed in seguito anche di Mario Tchou - l’ideatore dell'Olivetti Elea 9003 non soltanto il primo calcolatore elettronico italiano, ma anche uno dei primissimi al mondo costruito interamente a transistor – l’Olivetti passa nelle mani di un Gruppo di Intervento capitanato da Fiat, e costituito da Pirelli, Centrale e da due banche pubbliche, Mediobanca e Imi.
In assemblea, Vittorio Valletta, manager alla guida della Fiat, dichiara:
«La società di Ivrea è strutturalmente solida e potrà superare senza grosse difficoltà il momento critico. Sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può affrontare».
Il Gruppo di intervento decide dunque di cedere la Divisione Elettronica alla General Electric, nell'apparente disinteresse del governo e dei media.
Si interrompe il cammino informatico dell’Olivetti.
Questa storia mette in chiaro l’opportunità che il nostro Paese ha perso e la responsabilità è tutta del gruppo di potere che in Italia ha voluto conservare la propria casta indirizzando le scelte in modo unidirezionale per il bene proprio non certo per la collettività, purtroppo questa è una storia che non è finita in quegli anni, ma che continua tutt’ora.
Tante volte questo Paese ha perso e continua indifferentemente a perdere gli uomini migliori, le idee migliori un' “aria soffocante” ha da sempre precluso un sano sviluppo, i problemi di sempre: carenza nelle infrastrutture, debito pubblico, questione meridionale, non sono conseguenza di un caso ma frutto di scelte precise.
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