C’era una volta un vecchio pazzo, inizia così, come tutte le fiabe, anche questa scritta da Moresco. Il vecchio pazzo viveva su un marciapiede, vegliato da un colombo malandato, la sua vita procedeva immutabile, finché un giorno accadde una cosa incredibile. Una meravigliosa ragazza lo porta con sé a casa, se ne prende cura, lo lava, lo ama. Tutto bene quel che finisce bene, ma se il libro fosse finito qui, non mi sarebbe piaciuto: un barbone ai margini della vita sociale, la bella ragazza lo salva e se ne innamora, sembra un classico disneyano, ma per fortuna il libro non finisce, e anzi improvvisamente prende forma l’insperato, non solo per il vecchio pazzo ma anche per il lettore che ha voglia di abbandonarsi nell’impossibile avvicendarsi di parole non scontate e banali. Un libro, naturalmente sull’amore, sulla diversità, sulla povertà, sulla superficialità e la speranza. “Avevo spento tutte le luci della mia casa e della mia vita … avevo chiuso tutte le porte … mi ero me